Ci siamo a lungo confrontati sul senso e sull’opportunità di proporre
o meno una seconda lingua ai nostri bimbi, come previsto nei programmi
ministeriali.
Temiamo che per loro, così piccoli e senza ancora un impianto
linguistico ben strutturato, l’insegnamento di una seconda lingua possa avere
poco senso o addirittura confonderli.
Crediamo invece che sia molto importante partire da una forte
strutturazione della propria identità, anche linguistica, per poter esplorare
nuovi e altri mondi. Siamo consapevoli del valore di quella che a me piace
chiamare la ‘lingua degli affetti’, quella che un bambino impara dalla sua
mamma e che oltre a servirgli per comunicare con lei e con le persone che ama,
ha per lui un universo di altri significati di tipo emozionale ed affettivo.
Una lingua che purtroppo nelle nostre scuole viene spesso maltrattata, o
addirittura vietata, nel caso di molti bambini di origini straniere.
Abbiamo deciso di percorrere una strada che pensiamo che per noi e
soprattutto per i nostri bimbi possa avere un senso.
La spinta a partire ci è stata offerta dall’incontro con Simon e
Cecilia (vedi post sulla biodiversità) che ci sono venuti a trovare qualche
tempo fa. In quella occasione i bambini hanno offerto loro la lettura di uno
dei nostri rotoli delle storie (la storia delle uova); e Simon e Cecilia, per
ricambiare il dono, hanno raccontato la stessa storia nelle loro lingue di
origine (il dialetto calabrese e lo svedese).
Lo stupore, la meraviglia e il divertimento che abbiamo letto sui
volti dei bambini mentre ascoltavano queste nuove sonorità ci ha portato a
pensare ad un percorso di senso che partisse dalle radici delle nostre
famiglie, di provenienze diverse, per arrivare allo studio dell’inglese.
Così nei giorni seguenti abbiamo ascoltato la storia delle uova in
dialetto bolognese, in dialetto venosino ed in dialetto palermitano. Abbiamo
scoperto, oltre che diversi modi per dire le stesse cose, anche diverse
modalità espressive. Come l’essenzialità del bolognese e la ricchezza
nell’esposizione tipica dei dialetti meridionali che enfatizzano ed ampliano
ogni passaggio della storia con l’uso della mimica e di intercalari tipici.
Come la parola miiiinchia, che in
dialetto palermitano sembra proprio essere insostituibile e facente parte del
linguaggio comune di grandi e piccini!
E così venerdì scorso sono venute a trovarci Majo e Jenny, due
amiche di madrelingua inglese. Ci siamo presentati e abbiamo cantato insieme.
Ci hanno raccontato la storia delle uova in inglese e poi i bambini le hanno
accompagnate a vedere le uova delle galline del podere e a visitare la loro
scuola oltre la yurta.
È stato bello per me, abituata ad insegnare inglese a scuola con le
flash cards (immagini disegnate su
cartoncino che rappresentano il significato delle parole inglesi introdotte e
utilizzate durante la lezione) osservare come la ricchezza della natura che ci
circondava le rendesse del tutto superflue! È così semplice e bello imparare i
colori raccogliendo fiori blu, viola, gialli, bianchi, sdraiandosi nel verde
campo di giovani piantine di grano e guardando il cielo azzurro!
Nelle indicazioni ministeriali
si dice che l’apprendimento della seconda lingua dovrebbe innestarsi sulla
spontanea propensione del bambino verso la comunicazione verbale ed il suo
desiderio di socializzare e interagire con l’ambiente circostante.
Alla fine i bambini e le maestre hanno regalato alle nostre amiche
un po’ di uova…vere!!
Mamma Daniela Maestra di inglese
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